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I sogni della Bancalonga - Riccardo Schweizer
TAPPA/5
Riccardo Schweizer è stato un artista di importanza europea, nato a Mezzano di Primiero nell’agosto 1925. Si è formato dapprima a Belluno e poi a Venezia. Oltre ad essere un pittore, Riccardo fu un abile scultore, architetto, ceramista e designer, prediligendo però i dipinti murali.
“I sogni della Bancalonga” è un murales di oltre 130 metri quadrati, eseguito nel 1992 e collocato nei pressi del centro civico di Siror. L’opera prende il nome dalla Bancalonga, una porzione di pascolo dalla forma allungata collocato sotto le rocce delle Vette Feltrine. La lunga sequenza di immagini rappresenta una sorta di linea del tempo e, come tale, va letta da sinistra verso destra, scorrendo visivamente il passato, la contemporaneità e il futuro.
Il primo personaggio raffigurato è Attila, capo degli Unni, che, secondo la tradizione popolare, devastando la pianura veneta, ha costretto le popolazioni a rifugiarsi a nord, fondando il primo insediamento a Primiero chiamato Primieracum e nella laguna veneta fondando la città di Venezia. Schweizer, per rappresentare questo episodio, ha dipinto un Minotauro che rappresenta Attila e un mezzo di trasporto per metà gondola, e per metà carro, per rappresentare simbolicamente l’unione nel destino di esuli tra Venezia e Primiero.
Il murales è influenzato dallo stile di Picasso e dai colori sgargianti di Chagall, conosciuti personalmente da Schweizer durante il suo soggiorno in Costa Azzurra.
L’artista, per la realizzazione del dipinto, non ha usato né bozzetti , né cartoni preparatori per un approccio istintivo che colleghiamo alla dimensione onirica del sogno. Nel murales troviamo alcuni momenti importanti della storia di Primiero ma, pure semplici oggetti di vita quotidiana come l’aratro, il paiolo e gli strumenti della tessitura.
Sono raffigurate anche personaggi delle leggende: incontriamo infatti la “Caza Beatrik”, un personaggio spaventoso che si aggira col suo branco di cani affamati, le “guane”, divinità dell’acqua dal piede ritorto e le “Smare” , che fanno diventare incoscienti coloro che ascoltano il loro canto. Alla fine dell’affresco troviamo un verso dantesco tratto dall convivio : “ amor che nella mente mi ragiona”.