Di cosa si tratta?
La scuola superiore di Primiero, da anni impegnata sui fronti dello studio e della divulgazione delle risorse culturali del territorio, è stata coinvolta in modo naturale in questo progetto grazie al lavoro e alla passione di allieve e allievi, coordinati da un gruppo di insegnanti che sviluppa a scuola assieme agli studenti un percorso dedicato all’approfondimento di arte, storia e cultura dei nostri territori.
Questa è un’attività di ricerca e divulgazione culturale che potrà essere adottata per valorizzare anche altri luoghi di Primiero, grazie alla flessibilità garantita dagli strumenti digitali.
Dedicata al santo patrono del paese, Piazza San Marco mostra al centro della pavimentazione, in un gioco di cerchi concentrici, lo stemma comunale con i cinque comuni, ante fusione del 2016. La piazza ospita un capitello affrescato con Sant’Antonio Abate e una scultura di Simone Turra dove la famiglia è comunità, il tronco montagna e natura e la fonte rimanda alla vita e al nome del paese.
Questo antico edificio, oggi restaurato, mantiene la struttura cinquecentesca caratterizzata da luci limitate e portoni con volta a ogiva ribassata. A piano terra sassi a vista e pietre angolari rivelano l’impianto del precedente volume. L’esterno è abbellito da un camino a sbalzo e da un graticcio nel timpano. Internamente il dipinto del 1600 della Crocifissione con Santi di Giovanni Battista Costoia.
La chiesa di San Marco, eretta del XVI secolo e successivamente ampliata, domina con il campanile gotico il panorama. All’interno sono conservate la pala tizianesca di San Marco e il dipinto dello Sposalizio della Vergine del 1615 e altre interessanti opere: la seicentesca Via Crucis e l’altare ligneo di Sant’Antonio Abate. Sulla parete destra dell’arco santo resti di un’antica crocifissione affrescata.
Il Capitello della Vergine, situato in località Ormanico, ha pianta esagonale e nicchie affrescate. Quella centrale con la Madonna di Loreto, circondata dai Santi Borromeo e Francesco; quella di sinistra con un Crocifisso e San Rocco e San Sebastiano; quella di destra presenta due registri: in alto San Marco, San Giuseppe e Santa Lucia; in basso i Santi Gottardo, Giovanni Evangelista e Antonio da Padova. In facciata è presente l’iscrizione “Regina Laoretana Ora Pronobis”.
Il capitello di epoca seicentesca si trova lungo la “Via Verda”, una delle poche strade acciottolate della valle. La struttura semplice, in muratura, presenta una nicchia con affreschi raffiguranti la Madonna, San Rocco e San Leonardo. In facciata troviamo gli stemmi del Vescovo di Feltre e della famiglia Welsperg, lateralmente un monogramma di Maria. L’intonaco reca incisioni votive dei fedeli.
La villa, edificata nel XIX secolo durante il fervore minerario, si trova in una zona periferica rispetto all’abitato, circondata da ex miniere. L’edificio, originariamente adibito ad allevamento e abitazione, risale in parte al XVIII secolo, fu ampliato nel 1829-‘30. Attualmente la villa, in fase di riqualificazione da parte del Comune, è un importante esempio di architettura rurale legata all’attività mineraria.
I mulini sono stati un elemento dell’economia di Primiero, nel 1880 a Transacqua erano attivi sei mulini. Tra questi, il Molinet di Ormanico, gestito nel Novecento dalla famiglia Scalet. Vi si macinava il granoturco e decorticava l’orzo. Con il secondo dopoguerra, l’attività cessò e il Molinet ospitò una falegnameria “idraulica” fino agli anni ’70. Restaurato negli anni 2000, oggi ospita iniziative e associazioni. All’esterno sono visibili la ruota di legno e la struttura di captazione dell’acqua.
Palazzo Someda, del 1590, sorge su un’isola tra i torrenti Canali e Cismon. Un tempo circondato da mura e scuderie, oggi conserva solo una torretta e un giardino. Gli elementi architettonici come le bifore, trifore e balconi in ferro battuto, rimandano allo stile veneto. All’interno è presente una cappella privata settecentesca. Appartenuto ai Someda fino al 1616, ha subito diversi passaggi di proprietà, giungendo infine alla famiglia Debertolis che ne ha curato i restauri.
La Ferrarezza, del 1548, era un impianto siderurgico con forni fusori, officine, magazzini e ferriera. Gestito dai Welsperg, occupava 256 lavoratori: maestri, canopi, carbonai, artigiani e minatori. Le miniere locali, da cui si estraevano rame, piombo, argento e siderite, alimentavano i forni fusori per la produzione di ferro. Nel 1858 lo stabilimento venne smantellato. Resta oggi il frammento dell’edificio settentrionale, caratterizzato da pietra locale e aperture a sesto acuto.