Di cosa si tratta?

Era il 1992 quando l’Associazione culturale “Comitato Storico Rievocativo di Primiero”, studiando con passione la storia mineraria del luogo, pubblicò il volume antologico “Le miniere di Primiero”, a questo importante lavoro di documentazione seguì lo sviluppo del progetto di rievocazione storica dell’epoca mineraria tardo medioevale in Primiero. Nel 1993 la manifestazione animò e percorse tutto il territorio, fino a crescere e trovare uno spazio dedicato all’interno del giardino del Palazzo delle Miniere.

E’ qui che ogni anno, per tre giorni consecutivi, le persone hanno la possibilità di visitare il Villaggio Minerario, partecipare direttamente alle lavorazioni del minerale, percorrere un la ricostruzione di un cunicolo minerario, godere dello spettacolo serale, rivivendo l’atmosfera di allora.

“Sui passi dei Canopi” è un progetto che si sviluppa in una piacevole passeggiata che partendo dal Palazzo delle Miniere, accompagna il visitatore nei pressi della galleria Friole della miniera di siderite di Transacqua (chiamata di Monte Vecchio o, in antico, Unsere Frau von Plassenegg). Il percorso è scandito da otto tappe, dove differenti sagome di canopo, intento al lavoro in miniera, accolgono un pannellino con QR code da cui sarà possibile scaricare le otto tracce audio che compongono il racconto che ripercorre la storia mineraria di Primiero. Così, camminando da una tappa all’altra, potrai ascoltare questa affascinante storia.

Si ringraziano la dott.ssa Annalisa Bonomi progettista e curatrice del progetto e il dott. Fabio Longo per la preziosa collaborazione nella stesura e speakeraggio dei testi che compongono la storia narrata. Buona passeggiata a tutti!

Comune di Primiero San Martino di Castrozza

Along the Canopi route

Follow the Canopi route tour, read the story behind each stop in english.

Sui Passi dei Canopi

TAPPA I

Un cordiale saluto di benvenuto a te, visitatore e a te visitatrice!

Io sono la voce narrante che ti accompagnerà lungo questo percorso. Mi vedi raffigurato, impresso in questa sagoma: cosa pensi stia facendo?

Uno scavo, certo, uno scavo molto faticoso, in una galleria bassa e stretta, nel ventre della terra! Chi sono io per fare questo?! Io sono un Bergknapp!
Il piccolo uomo della miniera, il minatore medievale che scavò nel tempo le montagne di un vasto territorio che si estendeva dalla Boemia a tutto il Tirolo storico.
Bergknapp, un termine di lingua tedesca, che diventerà “Canopo” per le popolazioni di lingua neolatina, più semplice anche da pronunciare!
Se avrai la pazienza di percorrere per intero questo bel cammino, intitolato “Sui passi dei Canopi”, e di ascoltare la mia voce, scoprirai la storia delle miniere di tanti secoli fa, qui a Primiero, dove lavorai pure io.

La passeggiata, che faremo assieme, durerà circa un’ora a passo tranquillo e ti farà attraversare la valle fino alle pendici del Sass Padela, appena sopra Transacqua. Da qui puoi vedere bene il punto di arrivo, poco sopra le ultime case sparse. Ci incontreremo altre sette volte, in punti diversi, mi troverai sempre intento a lavorare. Tu, quando mi vedi, avvicinati e scarica il QR code, così puoi continuare ad ascoltarmi: potrai farlo anche mentre cammini, tra un appuntamento e l’altro con me!

Sai, se chiedi a un abitante di Primiero chi sono i Canopi, probabilmente ti risponderà con sicurezza: “il ricordo dei Bergknappen si è tramandato nel tempo!”
Un ricordo facile da mantenere: devi sapere che in questo preciso momento sei vicinissimo a due edifici che abbiamo costruito noi.

Tutti ci riconoscevano, avevamo un abbigliamento da lavoro particolare, ma efficiente.
Il camiciotto di lino, detto Kittel, con un cappuccio appuntito, il Gugel, che rivelava facilmente il soffitto della galleria evitando, così, di sbatterci la testa.
I pantaloni erano di tessuto spesso, molto utilizzato, il loden nella sua versione con tutta la lanolina (puzzava un bel po’, ma era praticamente impermeabile).
Il grembiule di cuoio “Arschleder” (cuoio del culo) veniva portato posteriormente per difendere natiche e cosce quando si scavava accucciati, ma anche sopra la testa quando il soffitto della galleria gocciolava troppo.
Per scavare direttamente lungo il filone, utilizzavamo i nostri tipici attrezzi: la mazzetta (Schlaegel), la punta con il manico (Stufeisen). A dire il vero non c’era molto posto per dare il colpo forte con la mazzetta, quindi davamo tanti colpetti in successione, avanzando, lentamente, pochi centimetri per turno.
Parlo di turno, perché eravamo organizzati in squadre di tre e lavoravamo in turni di otto ore….otto lunghe ore, lì sotto si perdeva la percezione del tempo, illuminati da piccole lanterne in una semi oscurità, respirando e mangiando la polvere abrasiva della roccia metallifera, con l’umidità e la scarsità d’aria a farci compagnia.
Venivamo pagati bene, è vero, si lavorava sei giorni la settimana, avevamo altri sedici giorni liberi all’anno…ma prova a immaginare cosa può succedere ai tuoi bronchi e poi ai tuoi polmoni quando la tua faccia è a pochi centimetri dalla roccia che scavi, in nuvole di polvere……molti di noi negli anni purtroppo si ammalarono, altri morirono.
Beh, non voglio intristirmi e annoiarti con le mie lamentele. Su su, è tempo di raggiungere la terza sagoma: aldilà del ponticello, attraversa la strada e vai a destra, a dopo!

Sui Passi dei Canopi

TAPPA II

Benvenuto, alla seconda tappa del percorso “Sui passi dei Canopi”!

Noi Bergknappen o Canopi se preferisci, arrivammo nell’attuale Provincia di Trento alla fine del 1100, venivamo tutti dall’area germanofona.
L’obiettivo? Beh, ovvio! I giacimenti di galena argentifera del Monte Calisio che sovrasta Trento da nord-est. La galena argentifera, come forse sai, è un minerale del piombo, si presenta in cristalli di color grigio piombo con lucentezza metallica, e contiene anche una certa percentuale di argento.
Per questo, quella montagna e i suoi dintorni vennero chiamati…guarda un po’… Argentario, e ancor oggi i trentini li chiamano così.
Il nostro lavoro assunse un’importanza così grande che, nei primi anni del 1200, il Principe Vescovo di Trento, Federico Vanga, stilò un documento che regolamentava l’intera nostra attività: il Liber de postis montis Argentariae .
Quelle miniere erano tutto sommato abbastanza… comode, attraverso gallerie o pozzi relativamente corti si arrivava ai giacimenti dove si scavavano delle camere che furono chiamate Canope.
Esauriti i giacimenti dell’Argentario i Bergkanppen si spostarono verso est, fino ad arrivare qui in Primiero e nella parallela Valle del Vanoi; eravamo ormai nella seconda metà del 1300. Giunsero anche i Canopi boemi, da Kutnà Hora, oltre a quelli di Schwaz e di altre località minerarie del Tirolo.

Il Palazzo delle Miniere, centro amministrativo, ma anche forziere per il copioso argento estratto con le nostre fatiche, che costruimmo a metà del 1400 ai tempi di Sigismondo, Arciduca d’Austria e Conte del Tirolo, e la gotica Chiesa arcipretale che iniziammo a edificare intorno al 1460, nello stesso luogo dove era presente una basilica paleocristiana del V secolo: troppo piccola ormai per accogliere la devozione degli abitanti e anche la nostra. Internamente mostra, impressi sulle volte, i nostri simboli che non sono altro che gli arnesi da lavoro di noi minatori!

Se hai fortuna nella Chiesa arcipretale potresti anche ammirare un bellissimo ostensorio realizzato con l’argento delle nostre miniere, se hai fortuna, dicevo, perché questo artistico oggetto, dato il suo valore, viene esposto e utilizzato solo in occasioni liturgiche importanti. Noi Bergknappen abbiamo lasciato anche altre tracce della nostra presenza: le discariche dei cunicoli, poi ti racconterò, molti germanismi nel dialetto, alcuni cognomi tramandati di generazione in generazione e, infine, alcuni piatti e qualche personaggio protagonista di leggende e racconti.
Un’ultima cosa: dal 1993, ogni anno, si rievoca la nostra epoca e dal 2008 il giardino del Palazzo delle Miniere si anima, tornando indietro nel tempo, attraverso un bellissimo villaggio minerario, ricostruito, dal nome Taufersdorf… e fra noi ricordo molti Taufer!

Ora, se sei curioso, puoi iniziare la tua passeggiata mineraria! Scendi la scalinata del Giardino Negrelli, attraversa la strada nazionale e raggiungi il ponticello coperto sul torrente Cismon; ci risentiamo lì!

Sui Passi dei Canopi

TAPPA III

Benvenuto, alla terza tappa del percorso “Sui passi dei Canopi”!

Ti ho già descritto quali fossero i compiti di noi canopi estrattori: utilizzavamo due semplici strumenti, la mazzetta e la punta, e soprattutto la nostra grande esperienza nel riconoscere la roccia metallifera. Eravamo molto bravi nel seguire il filone con precisione, scavando l’indispensabile, ma una miniera non è solo questo, capirai. Tanto per cominciare bisognava sapere esattamente dove fare il buco nella montagna che ci avrebbe consegnato il metallo, che fosse semplicemente ferro o rame, oppure l’argento, tanto desiderato! Ti sembrerà incredibile, ma prima di iniziare lo scavo in un certo posto, interveniva un uomo che secondo noi possedeva una magia: con una bacchetta a forma di ipsilon che impugnava con le due mani percorreva i luoghi, quando la bacchetta vibrava, gli indicava la presenza di minerale e questa sì che si poteva definire vera magia! Qualcuno sosteneva, però, che l’uomo non fosse provvisto di doti magiche, ma solo di profonda conoscenza di erbe e fiori. Dove crescono determinate varietà di piante, le rocce risultano particolarmente metallifere. Alla fine, si decideva di scavare e se si fosse scoperto il filone, allora sì che sarebbe iniziata la nostra fatica! Ti ho già raccontato che lavoravamo in squadre da tre uomini: il primo, a turno, lavorava disteso, al massimo in ginocchio e scavava un cunicolo alto dai 40 ai 70 cm: quasi come lavorare sotto un tavolo, pensa! Il secondo lavorava la roccia per abbassare il pavimento del cunicolo e così il terzo, fino ad avere un’altezza di 170 cm e una larghezza di 50: quanto bastava per noi! Sapessi quanto materiale producevamo nello scavo, veramente tanto, materiale da portar via; buona roccia metallifera, certo, ma anche pezzi senza valore, e tutto doveva uscire all’aperto. Per questo era necessario ampliare le gallerie esistenti oppure crearne altre, solo per trasportare fuori il materiale. Impossibile riuscirci con la nostra tecnica: mazzetta-punta, mazzetta-punta, mazzetta- punta…troppo tempo e troppa fatica.

Come facevamo allora? Utilizzando attrezzi più grandi, qualche volta, picconi, mazze e punte grosse. Scaldando con il fuoco le rocce per poi bagnarle con acqua fredda: in questo modo diventa fragile anche la roccia più dura! Piccolo inconveniente: se tu dovessi fare questo lavoro, quanto riusciresti a resistere in una galleria piena di fumo? Altro sistema astuto era quello di preparare dei cunei di legno molto secco; martellarli dentro le fessure e poi bagnarli abbondantemente …non ci crederai: in questo modo il legno si gonfia e non c’è roccia che gli resista.

Penserai, “e perché non utilizzavano dell’esplosivo? Roba di voi moderni: noi non lo avevamo! E non è ancora finita: non penserai mica che tutte le gallerie potessero stare in piedi da sole? Solo qualche volta, ma di solito no! Quindi venivano impiegate robuste strutture: due pali verticali o un po’obliqui e un traverso sopra. Questa sì che era una robusta struttura, altra cosa da fare! Infine c’era il problema dell’aria, sempre poca e sporca, brutta cosa!
Avevamo due sistemi per renderla più respirabile: grandi mantici per soffiare aria fresca dall’esterno nelle gallerie o pozzi verticali per creare una corrente d’aria, appunto.

E tutto ‘sto materiale, come lo portavamo fuori? A mano o nei cappucci o in piccoli contenitori, ma poi nella galleria grande, utilizzavamo per comodità il “cane da miniera”! Era un carrello che veniva spinto lungo binari di legno. Allora dentro la miniera non c’eravamo solo noi, eh no! Molti altri vi lavoravano, ma lascia che io dica con orgoglio che eravamo i più importanti: senza il nostro occhio, la nostra fatica, il nostro coraggio… niente minerale, signori miei! Una volta fuori della miniera, cominciava la lavorazione del minerale, diversa per ogni tipo. Altri lavoratori, altri specialisti, e dalle loro mani, finalmente il metallo! Adesso guarda la rampa sopra il Centro Sportivo: è una Kippe, chipa in dialetto, cioè un mucchio di materiale scavato nella miniera e gettato via perché inutile. Girati verso l’Arcipretale e il Palazzo delle Miniere: sopra puoi vederne un’altra con una cappella in cima, è il Colaor. Ce ne sono molte in giro di queste chipe e dove ci sono, di certo lì c’era l’uscita o l’entrata, se preferisci, di una miniera, certo perché entravamo e uscivamo dalla stessa galleria!

È ora che tu risalga il ruscello e prenda la prima strada a destra, mi ritroverai ad aspettarti dopo pochi metri.

Sui Passi dei Canopi

TAPPA IV

Benvenuto, alla quarta tappa su otto del percorso “Sui passi dei Canopi”!

Adesso ti racconterò una storia che è iniziata circa 400 milioni di anni fa!
Onestamente, cosa può sapere di storia mineraria un povero Bergknapp del 1400? Che significato hanno per lui i milioni anni? L’unica cosa storica che potrei raccontarti, è quella della mia vita, mineraria, sì, ma così breve…! In questo racconto ti parlerò anche di cose, che non appartengono direttamente al mio vissuto, ma spero tu mi ascolterai ugualmente. Bene, cominciamo; non spaventarti eh, non farò il professore di storia dalle mille date, ma sapere cosa è successo prima e cosa è accaduto dopo e perché, beh è facile e importante, non trovi? Allora, devi sapere che 400 milioni di anni fa si formò un pezzetto di crosta terrestre composto di rocce che furono riscaldate, compresse, stirate vicino al cuore caldo del pianeta; poi uscirono sulla superficie, e formarono quello che si chiama basamento metamorfico subalpino; è la base delle Alpi, in effetti. Il contatto con quel centro fusorio che è il magma, un sistema complesso di roccia fusa, fornì i primi minerali a queste rocce. Ma poi accadde un fatto raro, qui, e accadde 274 milioni di anni fa. Le rocce dolomitiche non si erano ancora formate, sai, e questo pezzo di crosta terrestre non era nemmeno qui, ma vicino all’equatore. Dal magma uscì una grande massa che si intrufolò nel basamento metamorfico subalpino e lì si raffreddò, ma molto lentamente, così lentamente che i suoi minerali si insinuarono nelle rocce circostanti, fino a 20 km di distanza, pensa. È in quel momento che inizia la storia mineraria di Primiero: 274 milioni di anni fa. Passano i milioni di anni, la crosta terrestre si spezza, i nostri pezzi vanno in giro, arrivando fino qui, sarà la placca africana a sollevarli, compresa quella massa raffreddata che oggi noi chiamiamo Massiccio della Cima D’Asta. Sai, è proprio dentro le rocce metallifere che dormono i minerali, talvolta accade che vengano portati via dall’acqua, ma ne rimane comunque una gran quantità! Poi arrivarono gli uomini, che per caso cominciarono a scoprire i metalli e impararono a estrarli dai minerali.Qui in Primiero e in altre zone delle Alpi centrali e orientali, nel periodo che va da 3100 a 3000 anni lavoravano gli archeometallurghi della Cultura di Luco. Bravissimi a estrarre il rame dalla calcopirite, un solfuro di rame e ferro, ma non erano in grado di estrarre il ferro, perché la temperatura dei loro forni fusori era troppo bassa. Quel periodo è chiamato fine età del bronzo. Nella penisola italiana erano gli Etruschi i “maghi” che mescolando abilmente il rame con lo stagno, ottenevano il bronzo, appunto, e i nostri archeometallurghi probabilmente vendevano il loro abbondante rame proprio a loro. Pensa che allora mancavano 250 anni alla fondazione di Roma, cioè 2,5 secoli!

Dopo l’età del Bronzo, arriva l’Età del ferro, e i nostri archeometallurghi non lasciano più tracce, la nostra storia mineraria sembra finire. Ma davvero finisce tutto? Non si sa, certo non c’è traccia di sfruttamento minerario in Primiero fino a metà del 1300. Allora tutto ricomincia. La Comunità di Primiero, sottoposta al Principe vescovo di Feltre, gode di una sua autonomia amministrativa e soprattutto controlla i cospicui beni comuni: pascoli, selve, alpeggi. Una Comunità regolata dai suoi Statuti e dove ogni villaggio ha un suo rappresentante, il Marzolo, eletto annualmente nel mese di marzo. I Veneziani della Repubblica Serenissima cominciano a sfruttare le risorse minerarie, ma, nel frattempo, una nuova entità politico territoriale si fa avanti: il Tirolo. Primiero entra a far parte di questo territorio-nazione nel 1373, ma lo sfruttamento minerario, ora regolamentato dai conti del Tirolo, poi dagli Asburgo, vede come imprenditori sia personaggi dell’area veneta che tirolese e anche germanica. Per l’epoca Primiero era un po’ come un paradiso terrestre minerario! Recita così un poemetto di metà del 1500, tradotto in italiano: “Primiero, boschi e legname in quantità, metalli nobili di ogni sorta e varietà”. Desidererai sapere cosa veniva estratto: argento, rame, piombo, ferro, oro, ti basta? Nel periodo migliore Primiero fu seconda solo alla miniera di Schwaz nella produzione di argento. Erano presenti fino a 500 cunicoli, 100 fucine, 3000 Bergknappen.

L’importanza riconosciuta a Primiero per la sua attività mineraria portò tre conseguenze importanti:

  • nel 1401i baroni Welsperg, provenienti da Welsberg/Monguelfo nell’attuale Sudtirolo, ne divennero i feudatari….decisione non indolore dell’Imperatore, ma te ne parlerò meglio più avanti;
  • nel 1477 l’Arciduca d’Austria Sigismondo siglò il documento di regolazione dell’attività, il “Perchwerchordnung in Primer”, ordinamento delle miniere in Primiero;
  • fu istituito il Distretto minerario di Primiero.

L’attività mineraria ebbe alcuni momenti di arresto durante due guerre che videro il Tirolo contrapposto alla Serenissima nel 1487 e nel 1509. Al termine dei conflitti, la ragione del profitto mise d’accordo tutti e si ritornò alle concessioni ripartite fra veneti e tirolesi o addirittura germanici come i Fugger di Augsburg. Terminò la nostra epoca? Sì terminò. Non ricordo un anno preciso, successe a poco a poco; dai primi decenni del 1600 tutto si affievolì, finché noi Bergknappen non martellammo più. Rimase solo in funzione la miniera di siderite di Transacqua, verso la quale ti stai dirigendo. Aveva il suo impianto siderurgico che produceva ferro, acciaio e prodotti finiti: serrature, ferramenta per mobili, attrezzi vari. Anche questa attività terminò però nel 1860. Nella vicina valle del Vanoi si proseguì fino a quasi metà del ‘900……poi, fine della storia!

Prosegui ora seguendo la strada: ti aspettano ancora quattro appuntamenti.

Sui Passi dei Canopi

TAPPA V

Benvenuto, alla quinta tappa del percorso “Sui passi dei Canopi”!

Ti ho già raccontato molte cose di noi Bergknappen-Canopi: chi eravamo, quello che abbiamo costruito, l’abbigliamento indossato, gli attrezzi utilizzati, lo svolgimento del nostro lavoro in miniera, la storia mineraria locale.
Non ho mica finito, sai?! Ti devo rivelare ancora due aspetti importanti. Andiamo per ordine, inizio a parlarti dell’organizzazione generale che regolava quella attività complessa quanto redditizia che fu lo sfruttamento delle risorse minerarie in Tirolo nel tardo Medioevo – inizio del Rinascimento. Io e i miei compagni venivamo assunti e pagati da persone ricche che potevano investire il loro denaro nel nostro lavoro: i concessionari. Investivano alla ricerca di un profitto, ma già allora il potente di turno, che fosse un conte locale o l’Arciduca d’Austria, reclamava la sua parte, facile da ottenere poiché erano proprio questi potenti a concedere il permesso di praticare l’attività estrattiva. Non era raro che le concessioni fossero assegnate ai creditori dei Principi: ne sono un esempio i banchieri Fugger di Augsburg, città della Baviera. Le autorità politiche volevano mantenere il controllo delle operazioni sul territorio e rendere il nostro lavoro il più efficiente possibile: ne ricavavano entrate notevoli, e potevano permettersi addirittura di coniare moneta con l’argento estratto. Idearono un sistema perfettamente funzionante: il Giudizio minerario, Berggericht, in tedesco.

Il Giudizio minerario aveva un suo territorio ben delimitato, molto grande o relativamente ristretto a seconda dell’abbondanza e distribuzione delle risorse minerarie conosciute. Affinché tu possa comprendere meglio, ti elenco i Giudizi minerari del Tirolo storico.
Nell’attuale Trentino: Primiero e Pergine.
Nell’attuale Sudtirolo: Nals-Nalles con Terlan-Terlano; Klausen-Chiusa; Sterzing-Vipiteno con Gossensass-Colle Isarco; Taufers-Tures.
Nell’attuale Nordtirolo: Windisch-Matrei, Lienz, Zillertal, Imst, Hall, Schwaz, Rattenberg, Kirchberg e Kitzbȕhel.

Se avevi ancora qualche dubbio sull’importanza di Primiero, immagina che tutto il Trentino di adesso faceva capo al paese di Pergine, a parte quei 420 chilometri quadrati di Primiero che conducevano vita a sé! Osservazione interessante: il territorio del Giudizio minerario di Primiero corrisponde a quello dei Comuni che fanno parte di Primiero e del Vanoi, territorio che era poi quello della antica Comunità di Primiero, te ne ho già parlato, ricordi? Adesso vediamo come funzionava, il Giudizio minerario!
Ovviamente se c’è un’organizzazione ci deve essere anche qualcuno che comanda, che decide. Nel caso nostro era il Bergrichter, il Giudice minerario. Tutti noi che lavoravamo nelle miniere riconoscevamo nel Bergrichter la massima autorità e la giustizia ordinaria non poteva toccarci. Per noi quella figura era anche una garanzia: controllava che fossimo pagati regolarmente e che la fornitura di cibo e alloggio fosse di qualità. Insomma una pacchia, diresti: liberi dalle regole imposte alla popolazione, sicuri di non patire mai la fame, pagati bene, e a parte quella vita difficile che ti ho già descritto, il Bergrichter esigeva disciplina ed efficienza e non si tirava indietro a punire, aveva addirittura a disposizione il Gerichtsfronbote, la polizia del giudizio minerario.
Il Bergrichter controllava che i concessionari pagassero tasse e imposte e ordinava l’utilizzo delle risorse del territorio a favore dell’attività mineraria: il legno di boschi e foreste, per esempio, per costruire e per ottenere carbone bruciato in gran quantità nei forni e nelle fucine. Nell’organizzazione, al secondo posto, c’era il Bergmeister: esperto legale e controllore dell’esecuzione corretta delle operazioni minerarie e arbitro nelle controversie fra concessionari. Non voglio annoiarti con l’elenco di tutti gli altri esperti, ma a proposito dei capisquadra che ci comandavano e ci controllavano, una cosa devo proprio dirtela. Nella miniera c’erano questi due personaggi il Taghutmann e il Nachthutmann: il controllore di giorno e quello di notte. Nel loro nome c’è il termine Hut (custodia) che però, guarda caso, significa anche cappello e con quanta boria lo sfoggiavano il loro cappello…bah, non sarò mica diventato invidioso? Scusa lo sfogo! Primiero diventò sede di un Giudizio minerario nel 1477. Ma prima, molto tempo prima, e io non ero ancora arrivato qui, succede un bel “casino”, scusa il termine, per la Comunità di Primiero. Leopoldo Duca d’Austria e Conte del Tirolo concede in feudo Primiero e il suo castello a Jörg von Welsperg che gli paga 4000 ducati; Lepoldo gli consegna praticamente tutto chiedendo in cambio la disponibilità del castello… mhhh, così scriveva Leopoldo nell’atto ufficiale, ma le miniere non c’entravano niente? Tu che ne dici? Fatto sta che i Welsperg esercitarono il loro potere feudale su Primiero. Tuttora la proprietà della sinistra orografica della Val Canali è di un erede di quella famiglia.

Bene, abbiamo finito per ora. Incamminati verso Transacqua e mi troverai di nuovo vicino a una fontana, come avrai notato, non sono per niente invisibile!

Sui Passi dei Canopi

TAPPA VI

Benvenuto, alla sesta tappa del percorso “Sui passi dei Canopi”!

Forse ti sarai chiesto: ma la popolazione locale in che rapporti era con questi “foresti”, questi immigrati con la loro lingua incomprensibile? Io sono un Bergknapp non un abitante di Primiero, e i loro sguardi, e le occhiate diffidenti non sono mancati, c’era diffidenza, almeno all’inizio. Eravamo a casa loro e le miniere stavano distruggendo i loro boschi, i fumi degli impianti di arrostimento e dei forni fusori ammorbavano la loro aria, le Kippe coprivano i loro campi e prati. Tanti miei compagni, poi, non si tiravano indietro quando si trattava di menar le mani o utilizzare le armi anche. Spesso cercavamo di dimenticare il lavoro difficile e gravoso con un bicchiere di troppo e tanti canopi perdevano la paga, giocando alle carte o ai dadi.
E un uomo brillo e che ha perso i suoi quattrini, perde spesso anche le staffe, come si dice. E fu così che il Bergrichter rese pubblico, facendolo applicare, un regolamento severo, deciso niente meno che da Massimiliano Imperatore, nonché Conte del Tirolo. Noi non sapevamo leggere, ovviamente, ma imparammo in fretta le nuove regole, ripetute e ripetute dai nostri capi.

Se non ricordo male, le regole erano pressappoco queste:

  • i Canopi che commettono delitti risponderanno solo al Giudice minerario, si fa eccezione solo per la ribellione o gli atti di lussuria, per quelli interviene il giudice o il capitano nominato dal Signore Welsperg.
  • Osti, locandieri e tavernieri possono dar da bere vino ai Canopi, a patto che non facciano perdere tempo ai Canopi in giochi di dadi e carte, pena arresto e condanna per entrambi.
  • È vietato ai Canopi frequentare osterie, locande o taverne dopo la seconda ora della vigilia della notte e di giocare a dadi e carte, pena l’arresto dei canopi, degli osti, dei locandieri e dei tavernieri.
  • Quando i Canopi ritardano il loro arrivo nel posto di lavoro in miniera a causa del gioco,
    del troppo vino bevuto o degli istinti di pigrizia, detti Canopi si devono arrestare e
    condannare severamente. Stessa cosa per ozio e pigrizia durante il lavoro.
  • Per frenare i disordini che i canopi possono procurare nella valle di Primiero nei giorni di festa o di riposo è deciso che spettano loro sedici e non di più giorni di riposo oltre alle
    domeniche, dedicate a Nostro Signore.
  • Quando i Canopi lavorassero ancora presso le miniere la domenica, nei giorni di festa, di
    riposo o oltre le ore di lavoro previste, si devono arrestare e condannare severamente.
  • Nei giorni di festa e riposo dei Canopi è concesso ai sorveglianti e ai capi uomini di distribuire vino a basso costo. Per questo sia data la paga spettante per la settimana nel
    giorno di domenica.

Giovedì 2 agosto 1509, nella piazza di Primiero alla presenza di un prelato, furono lette queste regole, testimoni il Giudice minerario e un rappresentante dei Fugger che controfirmarono e promisero al Signor Bartolomeo Baron di Welsperg di non contravvenire o contrastare l’ordinanza, ma di osservarla sempre. Non so cosa ne pensi, ma a noi sembrò un regolamento molto severo, tuttavia ci adeguammo.

Adesso procedi in salita fino al ponticello, attraversalo e troverai un percorso pedonale che ti porterà di nuovo a un’altra me!

Sui Passi dei Canopi

TAPPA VII

Benvenuto, alla settima e penultima tappa del percorso “Sui passi dei Canopi”!

Devo proprio farti i complimenti, sei quasi arrivato alla fine del nostro percorso, manca davvero poco. Siamo qui, ai piedi di quello che ora viene chiamato Sass Padela: guarda, cosa vedi? A parte le ultime case, vedi bosco e solo bosco. Ai miei tempi non era così. Il bosco lo avevamo tagliato per farne pali e carbone per i forni fusori, la montagna aveva aperture ovunque: erano gli imbocchi delle gallerie, Stollen in tedesco, stoli in dialetto locale, avevo detto che la nostra lingua, all’inizio, era incomprensibile per gli abitanti, ma un po’alla volta, iniziammo a capirci e così tante parole i primierotti le copiarono da noi! A volte pensavo: “Anche qui come a Schwaz la montagna diventa un formicaio dai mille cunicoli, sembra quasi un formaggio con i buchi”. Stai per raggiungere la miniera forse più grande di Primiero, di sicuro quella che è stata coltivata più a lungo. Coltivata? Così dice il gergo minerario, ma che razza di coltivazione c’è dove l’uomo porta via il raccolto e non semina mai?
Lasciamo perdere i pensieri filosofici e passiamo alla cronaca! “Unsere Frau von Plassenegg”, la chiamavamo noi, Nostra signora di Plassenegg: un pensiero a Maria la Madonna, forse? Probabile, eravamo devoti, alla nostra maniera. Il lavoro nella miniera aveva bisogno di protezione e anche di fortuna. La ricetta del Bergknapp: devozione alla Madonna e a Santa Barbara, ma anche inchino alla sorte con il nostro “Glȕck auf”! quel “buona fortuna” a voce alta, prima di entrare nella pancia della montagna!

La grande miniera ebbe nel tempo tanti nomi, dati all’intero complesso o a singole gallerie: Monte Vecchio, Monte Asinozza, Friole, Cason e altri, compreso lo Stol dei Fossi che iniziava proprio vicino alla mia terza sagoma. Scusa se sono un po’ sentimentale, ma a me piace solo “Unsere Frau”! Ai miei tempi si estraevano minerale di argento, la galena argentifera, e di ferro, la siderite, ma si iniziò ben prima verso il 1350. Scavavamo rocce che si vedono bene sopra S. Martino, mentre qui sono nascoste dentro la montagna, ma non per noi canopi, ovviamente! Il minerale di ferro era così abbondante che nel paese di Transacqua costruirono un apposito forno fusorio. A metà del 1800 ancora si producevano 30.000 kg all’anno di ferro. Accidenti, ancora ferro dopo 500 anni: ma quanto ne conteneva questa montagna?!
In quel periodo fecero una cosa che a noi del 1400 non era mai venuta in mente: adoperarono il ferro di “Unsere Frau” per estrarre il rame dal minerale della Val Imperina, vicino Agordo e lo portavano lì a dorso di mulo, pensa. Ma poi finì anche questo, il forno fusorio che chiamavano Ferareza chiuse i battenti, era il 1860.
Qualcuno ancora esplorò la miniera, che da allora non fu mai più riaperta. Se vai nel bosco qui sopra, vedrai qua e là delle conche circolari profonde qualche metro: sono quello che resta dei camini per l’aria crollati; se percorri la sponda sinistra della Valluneda che intravedi alla tua sinistra, magari ti imbatterai in qualche entrata di Stol anche quella semi crollata. La vecchia miniera presenta ancor oggi i suoi segni. A proposito di bosco, qui c’è l’unico bosco di Pino nero di Primiero: fu piantato in previsione di una riapertura delle gallerie, avrebbe fornito buon legname per i sostegni.

Adesso manca veramente poco: imbocca la stradina ripida a destra, quattro passi in salita e ci incontreremo per l’ultima volta, ti aspetto!

Sui Passi dei Canopi

TAPPA VIII

Benvenuto, all’ultima tappa del percorso “Sui passi dei Canopi”!

Hai visto? Non è stato poi così difficile arrivare fin qui! Forse è stato un po’ più stancante ascoltarmi tutto il tempo. Ma questo è il momento di rilassarci e guardare il panorama! Dicono che quando si arriva in cima a qualcosa bisogna guardare il panorama, dicono che lo si è meritato con la fatica della salita. Quando noi, giungevamo qui in alto, sapevamo, invece, che avremmo dovuto scendere nei nostri buchi…mah cosa vuoi farci, a ciascuno il suo! Tu goditi questo bel panorama, guarda bene, la vedi l’Arcipretale, lo vedi il Palazzo delle Miniere, lo vedi il Colaor? Ti suggeriscono quanta strada hai percorso. Sopra di loro, molto sopra, sul Bedolé, osserva l’ultimo maso, non c’è altra costruzione più in alto. E’ lì che lavoravano gli archeometallurghi 3000 anni fa. Ora volgi lo sguardo verso destra; in basso vedrai la punta del campanile della chiesa di Transacqua, la vedi? A destra del campanile è incisa la parte alta della valle del Cismon; vicino a quelle piccole costruzioni che puoi scorgere lungo lo stradone, scendono dal Bedolé la Val Fusinela e la Val Martina.

Quanto argento abbiamo tirato fuori di lì! I concessionari se la disputavano quella miniera; Canaleto la chiamavano. Aveva aperture a tutte le quote su, fino al Colsanto, quella roccia in cima avvolta dagli alberi. Le sue gallerie entravano così profondamente nella montagna che certe volte pensavamo che non saremmo più stati in grado di uscire. E più giù, in fondo alla valle, fornaci e forni fusori. Quella montagna lì è fatta da quelle antiche rocce che ti ho descritto. Dietro di te “Unsere Frau von Plassenegg”: altre rocce, altri manifestazioni geologiche che le hanno dotate di minerali. Vedi lassù quella montagna viola che sembra la schiena di un cavallo? Si chiama Cavallazza e insieme ad altre come lei è composta di roccia vulcanica: anche questa ha donato minerali, anche alla nostra cara Unsere Frau. Sotto di te vedi un ampio sentiero: conduce all’ingresso di una galleria che per noi era percorso quotidiano. Ora che sei giunto fino a qui, mi chiederai quando si potrà visitare la miniera, almeno per un breve tratto, dal futuro mi dicono: presto!

Ora non mi resta che ringraziarti per la tua attenzione, sono molto contento che tu mi abbia ascoltato con pazienza e da vecchio Bergknapp, non posso che gridarti, perché così si faceva, il mio più grande:

Glȕck auf! Glȕck auf! Glȕck auf!